Credito e sviluppo

Banca del Sud? Sì

di Gianfranco Polillo

Per comprendere il perché di una Banca per il Mezzogiorno dobbiamo partire dallo stato di quelle Regioni. Realtà contraddittoria, ma non immobile. Non c’è solo ‘ndrangheta, mafia e camorra a funestare quelle società; né solo malaffare. La maggioranza di quel popolo si impegna duramente, in condizioni estremamente difficili, per progredire e mantenere aperta la strada della crescita economica e civile. Non è retorica. Gli ultimi dati ISTAT sulla dinamica dei principali aggregati economici mostrano i segni di una ripresa che non può essere sottovalutata. Dal 1995 al 2008 il reddito pro - capite del Mezzogiorno è cresciuto più di quello del Nord: il 62,3 contro il 52,9 per cento. Dati consolanti, anche se da prendere con cautela. Quei 10 punti circa di differenza nascondono, infatti, una base di partenza – circa la metà – notevolmente più bassa. Si riferiscono inoltre ai redditi unitari: se la popolazione residente diminuisce, per effetto dell’emigrazione, la torta si divide per un numero minore di persone. Ma questi fenomeni esistevano anche prima del 1995. La differenza sta nel fatto che mentre allora la frattura – il cosiddetto "dualismo"- aumentava, ora la forbice, seppure troppo timidamente, tende a chiudersi.

Le ragioni di questo cambiamento sono strutturali. Il Mezzogiorno è sempre meno un’area periferica rispetto alle grandi direttrici internazionali dello sviluppo. In passato il Mediterraneo rappresentava una frontiera tra crescita e declino. Oggi è un polo forte di sviluppo, se si considera che il ritmo medio di crescita di tutti i paesi rivieraschi – dal Marocco alla Turchia – in questi ultimi 10 anni è stato pari al 4,5 per cento, con punte del 6 o del 7 per cento. Crescita che fa da catalizzatore – si pensi solo al porto di Gioia Tauro – per le stesse Regioni meridionali. Queste tendenze spontanee devono trovare un supporto adeguato nell’azione dei pubblici poteri.

La Banca del Sud rappresenta il tassello di una strategia più vasta (infrastrutture, politiche fiscali, ecc.) che punta a considerare il Mezzogiorno non più come una sorta di riserva indiana, da mantenere a spese del contribuente nazionale; ma una delle possibili leve per far crescere l’intero Paese. Perché è importante avere una banca legata al territorio? Sono gli stessi dati forniti dall’ABI a dimostrarlo. I tassi di interesse, in quelle Regioni, sono superiori di 2 – 2,5 punti percentuali a quelli praticati nel Centro - Nord; in media l’8,2 per cento contro il 5,7 per cento. Se si considera il basso tasso di inflazione, si può percepire quanto costi nel Mezzogiorno tentare di fare impresa. Le ragioni di questo scarto sono essenzialmente riconducibili al maggior rischio sistemico. Non solo la presenza delle organizzazioni criminali, ma la debolezza complessiva della struttura produttiva e della stessa società civile.

Le grandi banche italiane, le cui direzioni sono tutte al Centro - Nord, guardano a questi fenomeni con inevitabile distacco. Il rischio è maggiore, quindi anche il rendimento deve bilanciare l’eventualità di una perdita o di un’insolvenza. Ma questa linea di condotta è giusta solo se si è lontani dal mercato. Se si vive, invece, nel Mezzogiorno e si ha autonomia decisionale, il ragionamento cambia. Qui la tesi che di notte tutti i gatti sono grigi non vale più. Si può distinguere tra iniziative produttive e imprese inconsistenti; tra imprenditori che hanno il merito del credito e semplici avventurieri. A questo deve servire una banca che vive in sintonia con il suo territorio di riferimento.

Sarà un nuovo carrozzone pubblico, come molti temono e alcuni sperano? Il problema esiste, viste le esperienze passate. Ma si può vivere di pregiudizi? Abbiamo detto che il Mezzogiorno di oggi è già diverso da quello di ieri. Le sue fratture sociali stanno ad indicare l’esistenza di una spinta all’emancipazione ed è su questo elemento che occorre far leva. Altrimenti prevarranno le vecchie logiche del malaffare e dell’intreccio criminale. E sarà la fine. Perderemo terreno non solo nei confronti dell’Europa, ma dello stesso Mediterraneo. Un doppio isolamento che non solo il Mezzogiorno, ma l’intero Paese, non può permettersi.